Ricordi del passato
 

  ricordi del passato

 

Come ogni sera rientrava stanco dalla sua lunga giornata lavorativa nei campi.

Quei terreni coltivati, quella piccola fattoria erano tutti i suoi beni, di una vita fatta di sacrifici, lui, José, che era stato anche un colono bianco, aveva viaggiato per tanti luoghi e conosciuto tante tradizioni. Portava sulle sue spalle il peso, non solo dell’età, ma anche i ricordi di esperienze finite male. Ma il suo patrimonio più grande, era una sapienza speciale donatagli dall’aver vissuto per molto tempo in solitudine.

Quando rientrava a casa, le sue serate e le sue notti si svolgevano sempre allo stesso modo.

Si sedeva su un dondolo posizionato vicino ad un camino, che emanava calore, dalla legna che bruciava. Alla sua sinistra c’era un tavolino con sopra una bottiglia di vino con un bicchiere a fianco mezzo pieno, degli occhiali e un libro.

José, sapeva leggere, ma non scrivere, riusciva a malapena a scarabocchiare il suo nome quando serviva.

Prese il libro, era un romanzo d’amore che s’intitolava “Volo a metà”. A lui piacevano questi generi letterari, che raccontavano le storie di due persone che si incontravano, si amavano e lottavano per vincere le difficoltà che impedivano loro di essere felici, perché rappresentavano spesso lo specchio della sua vita passata.

Leggeva lentamente, mettendo insieme le sillabe, sussurrandole a mezza voce come se le assaporasse, e quando dominava tutta quanta la parola, la ripeteva di seguito. Poi faceva lo stesso con la frase completa, e così si impadroniva dei sentimenti e delle atmosfere che c’erano impresse su quelle pagine.

Iniziò la sua lettura.

”Anna non avrebbe mai voluto ricevere una telefonata del genere, ma il suo cuore sapeva che un giorno o l’altro sarebbe arrivata. “Ci dispiace signora doverla avvisare che stamattina suo marito e’ rimasto ucciso in volo durante un’esercitazione militare. La salma rientrerà in paese domani pomeriggio. Ancora le nostre più sentite condoglianze.” Dall’altra parte richiusero, mentre lei rimase con il telefono ancora in mano immobile e con quel suono di tu-tu-tu-tu-tu-tu-tu… che continuava a riecheggiare nelle sue orecchie. La cornetta del telefono gli cadde di colpo, si diresse verso la camera da letto, entrò. Guardò il letto, si avvicinò e accarezzò il cuscino. I suoi occhi si riempirono di lacrime. Quante volte erano stati su quel letto distesi e abbracciati, a volte a parlare dei nuovi viaggi insieme che dovevano fare per scoprire nuove terre, altre volte restando in silenzio e ascoltando i battiti dei loro cuori, mentre i loro corpi si univano in un unico calore? Quante volte lei l’ho aveva visto indossare quella sua uniforme e salutarla con un bacio  dicendole :”Torno presto amore, aspettami”? Quante volte, gli aveva detto di non preoccuparsi per lui, perché conosceva il suo lavoro e che non l’avrebbe mai lasciata sola, perché lei era la sua vita?

Ora in quella stanza, tutto aveva il profumo di lui, le pareti erano diventate del colore dei suoi occhi, le rose che ogni mattina le portava per sfiorarle le sue labbra erano al solito posto nel vaso di cristallo sul comò, i suoi modellini di aerei erano lì sul comodino pronti come se dovessero alzarsi in volo con lui in cielo a guidarli. Ma tutto questo era circondato da silenzio.

Non poteva essere vero. Il suo Luca non poteva essersene andato da solo, lasciando lei lì. Lui era un uomo vibrante, aveva un intuito, un’energia e una forza trascinante. Agiva sempre d’impulso e non si fermava mai a pensare, e questo lo rendeva sempre imprevedibile e affascinante e lei durante la loro vita insieme aveva imparato a capirlo e a fronteggiarlo sempre. Ma questa volta Anna non sapeva che fare, non aveva una risposta a tutto ciò.

Sentiva il panico assalirla, doveva essere forte per lui, per tutto quello che gli aveva dato, e per la persona che era diventata grazie a lui.

Mentre le lacrime continuavano a bagnarle le guance, appoggiò la sua mano tremante sulla maniglia della porta , sussurrò il suo nome :”Luca, ho bisogno di te, non andartene” e voltandosi con lentezza richiuse la porta dietro alle sue spalle. Si fermò, si sedette in terra con la schiena che poggiava su quella porta appena chiusa, mise la testa fra le sue ginocchia, e ripercorse con la mente il suo passato, la prima volta che aveva visto Luca. Lei, sedicenne, era con suo padre ad una fermata di un bus, davanti ad un bar dove c’era un gruppo di militari che bevevano, parlavano e ridevano e tra questi c’era lui, trentenne, che lei notò perché con le sue mani e con il suo corpo cercava di rappresentare le acrobazie degli aerei che guidava. Lo colpì immediatamente, alto con le sue spalle robuste, i suoi occhi verdi coperti in parte dal berretto che impediva che fossero raggiunti dai raggi del sole per renderli ancora più luminosi, i suoi lineamenti fini, i suoi capelli corti e brizzolati da farlo sembrare più grande di quello che era. Ma la loro conoscenza non avvenne in quel momento, ma poco tempo dopo in un ospedale, lungo un corridoio. Lei lo riconobbe subito. Era quel militare che aveva visto in quel bar, il suo volto era rimasto impresso nella sua mente, mentre lui si accorse di lei solo in quell’istante, quando se la vide arrivare di fronte, così esile, con un volto da bambina, i suoi lunghi capelli castani, i suoi occhi blu che attraevano peggio di una calamita.

Quello era un periodo difficile per entrambi. Lui era lì per un suo amico rimasto ferito in volo e lei era affianco a suo padre che era gravemente malato e che poco tempo dopo morì. Fu un grande trauma per lei, ma la vicinanza del suo amico Luca l’aveva aiutata a riprendersi. Già, amico Luca e amica Anna, perché è questo che pensavano di ognuno di loro, che ci fosse solo amicizia, senza scoprire in realtà che tra loro si era già insediato un altro sentimento : quello dell’amore.

Trascorrevano lunghe ore insieme a parlare, lui le raccontava tutto degli aerei e lei spesso restava in silenzio affascinata ad ascoltare quel mondo fino ad allora sconosciuto e vedeva nei suoi occhi la grande passione che aveva per quei grandi uccelli volanti. Luca le fece provare per la prima volta l’ebbrezza di guidare un aeroplano, di veder il sole sorgere o tramontare da lassù in cielo, di sentirsi i padroni della terra perché nessuno potava mai prenderli da così tanto in alto. Erano diventati inseparabili e ogni volta che lui doveva partire per una missione, il dolore di allontanarsi, anche se per poco, cresceva sempre di più. E proprio durante un saluto, per un nuovo viaggio di Luca, ad un aeroporto vi fu il primo bacio tra loro che avvenne in un modo talmente naturale da non sembrare vero, con una tale trasporto, calore e sentimento che non dimenticarono mai. Da lì nacque la loro storia d’amore, una passione che da subito è stata travolgente, anche se fra mille difficoltà, la loro differenza di età non accettata dalla famiglia di lei, lui che era spesso in viaggio per lavoro ed era costretta a lasciarla per molto tempo da sola, lo scoppio della guerra, la paura ogni volta di lei, quando andava in battaglia, di non vederlo tornare. Ma, mai niente e nessuno era riuscito a scalfirli e a separarli.

I rintocchi delle ore di un orologio, si diffusero nella casa immersa nel silenzio e nell’oscurità più assoluta. Anna lì sentì, alzò la testa e vide che era calata la notte. Quanto tempo era stata lì seduta, davanti quella porta? Non lo sapeva, aveva perso la cognizione del tempo. Cercò di alzarsi, ma sentì il suo corpo pietrificato, immobile, era come se dentro di sé, fosse passata una tempesta di ghiaccio ed ora il gelo si era impadronito della sua vita, e sarebbe passato molto tempo, prima che si sciogliesse. Il giorno seguente ci furono i funerali. La bara era stata avvolta nella bandiera tricolore, e Anna, con le lacrime che le scendevano lentamente sulle guance, vi posò sopra un berretto, quello che lui amava sempre indossare, e una rosa bianca, quella che lui gli portava ogni mattina al suo risveglio. Come avrebbe potuto vivere senza di lui? Senza rivederlo? Cosa avrebbe fatto adesso per il resto della sua esistenza? Lui non c’era più, si era ripreso la sua libertà definitiva nei suoi cieli, dove adorava stare. Aveva fatto il suo ultimo volo lontano da lei, che non poteva far altro che lasciarlo andare, così Luca da lassù poteva vederla e non l’avrebbe mai abbandonata sola come gli aveva sempre promesso, perché anche ora, come sempre, era diviso tra il suo amore per Anna e quello per i suoi aerei nel suo “Volo a metà”.

José continuava a dondolarsi sulla sua sedia, mentre fuori, nel silenzio della notte, cominciò a cadere qualche fiocco di neve. Di colpo richiuse il libro tra le sue mani, mentre da sotto i suoi occhiali scendevano due lacrime. I suoi occhi erano lucidi, il suo sguardo diretto verso la fiamma del fuoco. Si era sentito pugnalato al cuore come quarant’anni fa, quando aveva perso sua moglie. La ferita, per la sua morte, non si era ancora rimarginata dopo tanto tempo e mai sarebbe accaduto.

 “Vorrei fuggire via, nascondermi da tutto questo, ma resto immobile qui, senza parlare, non ci riesco a staccarmi da te e a cancellare tutte le pagine con la tua immagine, e vivere come se non fosse stato mai amore. Io sopravviverò, adesso ancora come non lo so, il tempo qualche volta può aiutare a sentirsi meno male, a poter dimenticare. Ma resto ancora così, senza parlare, senza dirti non te ne andare, non mi lasciare tra queste pagine, e poi, e poi vivere come se non fosse stato amore”.

Quante volte, dalla scomparsa di sua moglie, si era detto queste parole? Tutti i giorni, ed era ancora lì a ripetersele.

Non poteva dimenticare la sua vita, perché era stata lei la sua vita.

Si erano conosciuti da bambini e sposati molto giovani. Insieme avevano affrontato tante difficoltà, dal dover abbandonare il loro paese d’origine, per cercare lavoro, al ricostruirsi una nuova vita altrove, senza portarsi niente dietro, se non solo la loro forza di volontà ed il loro amore, dal sopportare i commenti maligni dei paesani perché non riuscivano ad avere figli, al fatto che venivano considerati stranieri perché erano arrivati in una terra di gente nera. E quando finalmente sembrava tutto cominciare a sistemarsi ed a essere felici, lei si ammalò gravemente e morì, lasciando lui nella completa solitudine.

José appoggiò la testa alla sedia, riaprì il libro nella pagina in cui aveva messo una foto. Lui la prese, la guardò e l’appoggiò sul suo cuore. I suoi occhi a poco a poco si chiusero, mentre la neve, senza far rumore, cadeva soffice e rendeva tutto il paesaggio illuminato, magico.

Quel vecchio contadino, che dava consigli al vento, con troppo vuota la bottiglia, troppo grande il suo dolore, lo trovarono al mattino, di un giorno senza sole. Lo trovarono con in mano una foto in bianco e nero, di quella donna tanto amata, di cui andava fiero… perché i ricordi veramente belli continuano a vivere e a splendere per sempre, pulsando dolorosamente insieme al tempo che passa.

                                                                                                                            

-  Mariassunta -

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Emozioni - Lucio Battisti

 

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