Kassem
Quando giunse la notizia che il piccolo Kassem e sua madre Fatima sarebbero partiti , tutto il villaggio ne fu contento. Un’altra famiglia si riuniva. Se non era possibile vivere lì , ai bordi del deserto, con il lavoro che mancava, le notti insonni per il pericolo dei guerriglieri sempre assetati di sangue , l’andare altrove tutti insieme rappresentava un ennesimo miraggio. Sembrava un sogno che si avverava. Mohamed ce l’aveva fatta e ora poteva chiamare sua moglie e suo figlio accanto a sé. Aveva trovato un lavoro, stabile nella sua precarietà; aveva anche una casa , trenta metri quadri, più somigliante ad una soffitta e senza un contratto regolare, l’ aveva arredata con tappeti e qualche mobile: al resto avrebbe pensato lei. Kassem trascorreva le giornate in libertà in giro per il villaggio , conosceva tutti e tutti lo conoscevano. Era ancora piccolo per fermarsi a chiacchierare con i vecchi e le donne seduti alle porte delle loro piccole case bianche e poi non gli interessava granchè. Li guardava incuriosito , stupito . Rimirava quei volti cotti dal sole, quelle bocche sdentate, simili alla sua; alcune donne erano tutte coperte, anche il viso, altre scoprivano gli occhi. Sua mamma no, era più moderna, copriva solo il capo con il velo. Era bella con la pelle ambrata come la sua, occhi neri come i suoi, capelli lunghi neri sempre raccolti. Lui amava gironzolare spinto dalla curiosità di conoscere tutti i posti e spesso si trovava in compagnia dei cani, in gran quantità e liberi anch’essi. I cani per lo più randagi si avvicinavano al villaggio spinti dalla fame, spesso gli ringhiavano contro e lui aveva imparato a difendersi tirando sassi, arrampicandosi, fuggendo. Di quel padre lontano aveva spesso sentito parlare ma neanche ne ricordava il volto . Suo nonno invece era ben presente. Grande e possente .Lo lasciava libero perché doveva crescere sicuro e forte come il leone del deserto; doveva conoscere presto i pericoli per evitarli, doveva come un cucciolo annusare l’aria per scappare , difendersi se serviva , attaccare se necessario. Comunque apprendere ad essere guardingo , scaltro e uomo. Gli permetteva anzi lo spingeva verso la libertà, poche regole ma ferree , massima fiducia e nell’errore punizioni estreme.- occhio per occhio, dente per dente- : questo si sentiva ripetere spesso. Kassem era piccolo, non si faceva alcuna domanda; sentiva solo una grande adorazione per quella giovane donna che di quando in quando ancora lo allattava, consolandolo quelle rare volte che si lasciava prendere dal pianto, di nascosto dagli altri. Spesso l’accompagnava alla fonte a prendere l’acqua con il carretto trainato dall’asino, verso il calar della sera quando il caldo era meno soffocante. Poi , una volta arrivati si sedeva sotto le palme e aspettava che sua madre terminasse di riempire le brocche. La sentiva cantare sottovoce e anche raccontare di suo padre, di quanto era forte e poi sognando ad occhi aperti gli narrava del Paese che li avrebbe presto accolti, di come avrebbero vissuto, di quanto la vita sarebbe stata più facile. “ C’è un tempo dove piove e un tempo dove c’è il sole , non c’è bisogno di far raccolta di acqua perché l’acqua è in ogni casa; pensa Kassem, c’è il verde e le piante e i fiori ovunque ti giri a guardare; le città sono illuminate anche di notte;c’è un piccolo autobus che trasporta i bimbi a scuola, e tutti i bimbi imparano a leggere e a scrivere; tutti possono sognare un futuro migliore anche rimanendo nella propria terra; e poi …. e poi…”. Kassem ascoltava perplesso. Lui amava quel posto, vicino a suo nonno, gli piaceva camminare scalzo, andare ovunque lo spingesse la sua curiosità. Era vero, il caldo talvolta era insopportabile ma se trovavi la palma giusta, se stavi all’erta che nessuno prendeva le tue cose, se … se… ma se lei era contenta lui sarebbe andato. Venne quindi il tempo della partenza e colse tutti impreparati come quei sogni che giorno dopo giorno sembrano vivere con te e poi quando si realizzano ti svuotano, perché ti erano tanto dentro che erano una tua parte. E ti chiedi “ ed ora quale può essere la prossima meta, quale la cosa per cui vivere ancora? “ Ma questi non potevano essere i pensieri di Kassem che viveva quei preparativi in fibrillazione contagiato dagli adulti. Ascoltava le raccomandazioni di suo nonno, giorno dopo giorno, che sembrava non credere ci fosse un paradiso così oltremare. La mamma diceva a Kassem, solo a lui però perché non poteva permettersi di dubitare della parola del vecchio ad alta voce: “ nonno non può sapere, lui non ha viaggiato oltre il deserto, conosce ogni duna, sa orientarsi anche solo guardando la sabbia o il cielo, ma in città si perderebbe…vedrai Kassem, vedrai….” Il viaggio per raggiungere suo padre fu un lungo dormiveglia, a malapena ricordava i pianti delle donne del villaggio, lo sguardo serio di suo nonno, la trepidazione di sua madre. Rammentò il vecchio autobus che li aveva portati in al paese tra valigie, sudore ,odori di cibo; poi l’altro fino alla città piena di voci , rumori , gente e poi l’aeroporto . Non avrebbe mai pensato che quell’uccello strano che chiamavano aereo sarebbe riuscito a volare. Invece si alzò e …… Prima di tutto notò la commozione di sua madre , poi comprese che quell’uomo lì davanti era suo padre. Assomigliava vagamente alla foto che avevano in casa, posta sullo specchio della stanza dove lui e sua madre dormivano. Era vestito come tutti gli altri intorno a loro, senza barba , sorridente . Sembrava un uomo buono , forse si poteva fidare e sembrava anche voler bene alla mamma, perché la stava abbracciando senza vergogna, pur tra tutte quelle persone. Quando lo prese in braccio capì che lo avrebbe amato, forse come al nonno. Di nuovo quel dormiveglia lo stava prendendo, nonostante la voglia di stare sveglio a guardare quella gente strana, quelle luci che facevano quasi male agli occhi, le macchine , le strade, le cose…….. La casa sembrava grande, c’era l’acqua e la luce come la mamma aveva detto. Dalla finestra altre case e ancora e ancora. La sera preso dalla curiosità e dall’antica voglia di sapere provò ad aprire la porta e ad uscire , si accorse che c’erano delle scale da fare , scese , un altro portone e fuori…….macchine , gente indaffarata che guardava senza vedere. Fece qualche altro passo, poi si sentì afferrare. Era sua madre Non riusciva a capire cosa avesse fatto di sbagliato, perchè sia lei che suo padre sembravano molto arrabbiati con lui. Con il passare del tempo quelle mura cominciavano a stargli troppo strette, si sentiva in gabbia . Anche quando uscivano , durante le lunghe giornate in attesa che suo padre tornasse la sera dal lavoro, nessuno con cui parlare. Quella gente andava sempre di fretta, se camminavi piano ti travolgevano.Se chiedevi si faceva fatica ad avere l’informazione che serviva. I negozi pieni di giochi e di altre bellissime cose inavvicinabili La mamma pian piano senza sorriso , il padre sempre stanco. La televisione unica compagnia , che trasmetteva immagini della terra lontana, grazie a quella strana cosa che chiamavano parabola. Non aveva notato subito lo strano sguardo di sua madre, quella nuova durezza che compariva nelle difficoltà. Lei aveva anche ripreso a parlargli come un tempo : “ rispetta sempre le nostre tradizioni; tu devi essere grande , quando tuo padre non c’è devi essere tu l’uomo di casa, devi….devi…..devi…..” Kassem inizia ad essere inquieto, vede nemici ovunque , decide che deve difendersi. Quando si presenta a scuola non ha ancora quattro anni. Per alcune settimane si guarda intorno, scruta come se avesse bisogno di tempo per decidere come agire. Le insegnanti dicono : “ è molto arrabbiato o molto spaventato.” Ma un bimbo non trova il giusto modo, Kassem non sa come scaricare la sua rabbia e le sue insicurezze e allora corre, urla, attacca per il timore di doversi difendere e di soffrire troppo. Non si abbandona mai , sempre guardingo a proteggere il suo spazio, le sue cose , i suoi amori e le sue certezze. Confuso tra realtà che non coincidono . Mamma e papà sorpresi e ammutoliti, tutti e due spaventati da questo figlio che non riescono ad arginare e che fanno fatica a riconoscere. Bello come il sole del tramonto , arguto come pochi e già con una corazza a sua difesa. Kassem non si fa amare dai suoi amici, anzi lo temono dicono che è cattivo e lui ne è soddisfatto perché è grande deve fidarsi solo di se stesso, deve fare da sé. Da solo vuole andare a scuola e fugge se qualcuno lo vuole aiutare a percorrere quel breve tratto di strada . La madre per frenarlo ricorre ai vecchi metodi in uso nella sua terra : terribili e che segnano il corpo e l’anima “ Segni “ che allarmano e rivelano. Lei lo teme perché non sa come riconquistarlo. Lui la vorrebbe tutta per sé , come un tempo, e invece gli sembra di non riuscire più a trovare la strada del suo cuore. Papà è sempre più spaventato . Questo figlio che poco conosce è causa anche di litigi e screzi con sua moglie. La sua donna- bambina che mostra di non essere adeguata né attrezzata a un tale compito. Cominciano a volgersi verso lui e la sua famiglia sguardi sospettosi; iniziano visite che seppur gentili hanno il fine di consigliare ed indagare. E’ bene quindi che Kassem ritorni nella sua terra, perché corre e fa correre troppi rischi ; chi non si adatta soffre e fa soffrire. Deve prima imparare ad abbassare lo sguardo, a dire sì; deve imparare l’arte della pazienza ; deve sorridere anche se abita in una casa di trenta metri quadri; deve fregarsene se suo padre trema al pensiero di quel permesso di soggiorno che non arriva; deve far finta di non vedere la sua giovane mamma che prova con tutte le forze ad essere cittadina del mondo con quel suo velo che la fa sembrare una piccola Madonna. Tanto amata e ora tanto odiata. Perché anche lei troppo presa dallo sforzo di riuscire a sopravvivere in un mondo diverso. Kassem se ne va, insieme alla sua mamma .. Kassem ha fallito , la sua famiglia ha fallito, la scuola ha fallito , i servizi , i governi che costringono i propri cittadini ad andarsene alla ricerca di un futuro migliore Questa è la storia di un ordinario fallimento. Molti riescono, tanti come Kassem non ce la fanno. Chissà forse tornerà e quegli occhi scuri , che oggi scrutano per leggerti dentro , saranno meno guardinghi… oppure no… anche più arrabbiati. La sensazione anzi la certezza è che non sia stato Kassem ad avere fallito.
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