JELENA Jelena viene al mondo un anno preciso dopo che la grande nube offuscò il cielo della Russia bianca.Come sua madre abbia trovato il coraggio di generarla è ancora un mistero. Forse davvero la vita vince su tutto ed è forte il desiderio di sperare che la morte e la distruzione vengano sconfitte. Maria ricorda bene quelle giornate quando ci fu lo scoppio nucleare ed ebbe inizio il disastro , perché in quel fine aprile del 1986 era ad Amsterdam.Quattro giovani donne che più diverse non si può , erano lì a festeggiare un evento memorabile per loro. Si era detto : - si potrebbe andare ad Alessandria d’Egitto ….hanno scoperto un antico reperto; - No, sconsigliato c’erano gli attentati, la guerra -Allora andiamo a Creta , là dove la nostra civiltà ha avuto origine , ma…. invece …perché non andiamo ad Amsterdam .- Scelte diverse e opposte tra il desiderio di approfondire la conoscenza del passato e quella di immergersi nel presente.
Ed erano
partite , chi lasciando mariti e figli piccoli, chi matrimoni
sull’orlo del fallimento, chi storie improbabili e senza futuro.Non
compresero ciò che era accaduto se non quando tornarono a casa.
Come un risveglio.
Quando ,
qualche anno dopo, Maria vide quei bambini scendere dall’aereo,
bianchi come la neve, ingobbiti dal timore , tutti in fila per non
perdersi , gli occhi chiari che guardavano neanche incuriositi ma
solo circospetti , non potè trattenere la commozione. Quanto coraggio mandare un figlio così piccolo lontano, in una terra che non si conosce, con una lingua diversa, da persone di cui non si sa nulla. Quale coraggio e quale disperazione. Quanto deve essere stato grande il timore della malattia e della morte .
Lei, Jelena,
era lì in mezzo, tra i più piccolini . Aveva in mano una piccola
busta di plastica che teneva gelosamente; solo una volta a casa
scoprirono il tesoro che nascondeva: uno spazzolino per i denti,
un paio di mutandine, una spazzola per i capelli e una bottiglia di
vodka per regalo. Scelte illuminanti.
Riconobbe il
momento peggiore per lei, quasi fosse il suo: quando salì le scale
del palazzo. Quando visitarono quei paesi , qualche anno dopo, compresero l’origine di tanta sorpresa, perché anche loro mascherarono a fatica lo stupore. Cercarono di non allarmarla, furono circospetti, con cautela chiedevano, utilizzando i gesti perché le parole non arrivavano ; Maria non sapeva ma poteva immaginare quali erano state le istruzioni per allertarla , sentiva da donna e da mamma quali segnali anche sottili e mascherati avrebbero potuto spaventarla Venne , presto, il momento della disperazione ,non quella notte , forse presa dalla stanchezza e dalle novità. Si addormentò facilmente e lei si illuse che il più era fatto Ma i giorni passavano e si chiudeva sempre più , la sua sofferenza era quella di Maria a vederla così. Inventarono giochi, andarono alla ricerca di coppie con figli dell’età di Jelena sperando che tra bambini si potesse arrivare dove loro non riuscivano. Scoprirono alla fine il gioco delle parole ma contemporaneamente anche la percezione che talvolta parlare è superfluo .E scoprì il senso dei lunghi capelli e di quella spazzola nella busta di plastica. Era solita la sera farsi spazzolare ,per un tempo immemorabile i capelli .Le chiedeva di parlare perché così facevano babuska e mama e anche se non avesse compreso non importava perché il suono , le parole e le risa l’avrebbero accompagnata durante la notte. Così facevano anche sua nonna e sua madre; le raccontavano storie, vicende della famiglia, gli accadimenti della giornata. Duravano ore, perché non bastava mai, c’era sempre ancora una ciocca di capelli intrecciati. Maria non era preparata, né pronta, né abile..ma imparò e ora dopo tanto tempo , ora che quei capelli sono stati tagliati corti fino alle spalle, le sembra di aver perso un tesoro. Scoprì che sbagliava a definirla bionda , perchè i suoi capelli avevano un colore vicino al rosso con uno strano nome russo, biondi erano quelli vicini al bianco. Queste differenze non erano state minimamente notate, sembrava molto bionda e chiese, memore di quel bellissimo libro – il senso di Smilla per la neve- quanti nomi avessero per distinguere il “biondo” Piano piano Jelena raccontò la sua vita , aggiungendo anno dopo anno qualche pezzetto e qualche verità. Suo nonno , un uomo buono, è di origine polacca senza essersi mai spostato dalla sua terra, è la sua terra che ha cambiato padrone più di una volta nell’arco dei secoli. Ha ricordi vivi della guerra , delle fughe nei boschi limitrofi quando si udivano scoppi , delle buche sotto terra per nascondersi, degli uomini che la sua famiglia aveva accolto in casa per ripararli dal freddo quando a decine si rivolgevano a loro per chiedere cibo e vestiti. In quel tempo avevano cominciato a sentire parlare dell’Italia e degli Italiani. Se l’immaginavano così come le descrizioni di quegli uomini scuri di capelli, vestiti assurdi per quelle temperature, lasciavano intendere. Ricordi di uomini lontani da casa da anni , martoriati dalla guerra , tormentati dalle atrocità viste e commesse. Con il barlume di lucidità ancora posseduto vivevano quei villaggi abitati da gente contadina come fossero i propri. E lì alcuni rimasero per tutta la loro vita, decidendo che bastava, che non sarebbero andati oltre. Il fardello dei rimorsi e della violenza doveva essere scontato in quei paesi . Oggi suo nonno è un uomo silenzioso, vive ancora andando a caccia nei boschi che circondano il villaggio. Con il suo cane e il suo fucile a spalla, sta fuori per giorni e notti , poi torna e nessuno più gli chiede niente. Nel bosco ha una capanna in legno con una piccola distilleria dove produce vodka di contrabbando. Sua nonna Raissa, è russa e orgogliosa di esserlo. Contraria alla partenza di quei bambini in terre straniere. Orgogliosa del passato, della forza e della tenacia del suo popolo. Dritta, nonostante l’età, comanda su tutta la casa ; dice che la nube e la malattia sono mistificazioni , bugie dei nuovi governi. La sua terra ha sempre offerto il meglio e ha sfamato generazioni e generazioni. Così continuerà ad essere. Mai i suoi pomodori sono stati più belli , mai tanto rigoglioso il raccolto. Menzogne, le voci che serpeggiano, messe in giro ad arte dagli speculatori . Pericoloso far uscire dal Paese i giovani, tornano con idee strane, pensano che la vita sia facile , che nuove strade siano percorribili , invece niente può essere meglio di ciò che è stato. Quando da giovanissima vide quel bel giovane guardaboschi se ne innamorò all’istante. Occhi chiarissimi, barba e capelli rossi, spirito libero , amante della solitudine. Partiva per giorni con il suo fucile sulle spalle, nessuno sapeva dove andasse e poi tornava, sempre. E’ la nonna che racconta a Jelena tutto questo spazzolando i lunghi capelli e mettendola in guardia contro le modernità La mamma invece la sera la istruisce, la prepara ad uscire, a viaggiare , a liberarsi. Assomiglia a suo padre Tamara, rossa di capelli, occhi chiari.Sfida il destino, la genera e la partorisce quando gli altri annegano nell’alcool la disperazione della paura per la malattia e per la morte. I suoi amici annichiliti e sgomenti da ogni manifestazione anomala o insolita del corpo e i soliti discorsi: l’alcolismo in aumento, in una terra che già lo conosceva, la speranza di vita diminuita, gli stati di depressione e di malattia incalzanti , le nascite con malformazioni, una paura incombente. Lei invece prestissimo addestra sua figlia ad uscire dalla gabbia viscerale della paura e la sollecita al coraggio . Il tempo inclemente durante i lunghi inverni di quella terra permette o costringe lo sperimentare altre modalità di vita e diverse abitudini. Non c’è paura dei silenzi , la lettura è una gioia, la musica un’esperienza individuale di creazione e di ascolto; il fuoco dei caminetti , obbligatoriamente uno in ogni stanza, che non riesce a vincere contro il ghiaccio alle pareti , la neve quasi perenne sui tetti di legno e lamiera , il freddo pungente, il gabinetto fuori casa, le macchine bloccate, la lunga strada da percorrere a piedi per andare a scuola o a lezione di musica e pure coperti e imbacuccati si deve andare perché è la normalità Poi gli immensi boschi che nella tarda primavera si trasformano in un mare di betulle . Per tutte queste diversità quando Jelena arrivò, Maria imparò a vedere con gli occhi di chi si affaccia per la prima volta alle cose ed visse anche lei le stesse scoperte; la quotidianità fa perdere il senso dell’importanza di ciò che è intorno. Si osserva la meraviglia con una gioia nuova e si percepiscono le sensazioni dell’altro. Il mare, i fiori alle finestre, le montagne, il tepore dell’aria, e poi ancora la sorpresa per le banalità divenute importanti , il superfluo trasformato in necessità Imparò ,spazzolando ciocca dopo ciocca, che la paura che attanaglia si può vincere , che anche se la malattia sembra aver vinto, alla fine, ed essere entrata nella tua casa si può vivere come se non ci fosse . E in questo modo la si combatte e la si annulla L’hanno vista crescere e negli anni , Jelena è diventata una splendida giovane donna. Scende dall’aereo con un sorriso radioso , è sempre così felice di rivederli. E’stata colpita nei suoi affetti più cari ma guarda comunque al futuro con speranza e fiducia. Non si lascia abbattere . Ama questa sua parallela famiglia italiana e ha imparato a comprendere, lei conosce le loro fragilità e di rimando le sue paure sono palesi . Per scherzare la chiamano Nikita: frequenta già l’università nonostante la sua giovane età, conosce 5 lingue, usa perfettamente il computer, è un genio in matematica, ha vinto, nel suo Paese, un campionato di tiro con la pistola e in una delle ultime estati in un villaggio turistico della Puglia, così tanto per giocare, ha battuto un campione regionale di tiro con l’arco. Rimane categorica nel non definirsi bionda ma rossa e loro restano “ scuretti” e troppo loquaci. Elenù
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