RICORDO DI AUSCHWITZ            

 

Chiudo gli occhi

e mi ritrovo davanti a quel cancello.

Auschwitz, c’era scritto.

Lo trapasso, c’era silenzio intorno.

Una terreno scuro sabbioso calpestavo.

Avanzavo e intorno a me tante case in riga padroneggiavano.



 

Avevano tutte lo stesso colore.

Sembravano rassicuranti immersi nella loro quiete.

Entrai in alcune di queste.

Vidi cose attraverso i miei occhi

da non sembrar vere.

Dietro una vetrata,

vi erano ammucchiati un’infinita di oggetti:

scarpe di dimensioni varie, protesi di articolazioni,

denti metallici, culle di neonati, piatti, bicchieri, posate,

occhiali, valigie…..

 

Vidi i luoghi dove gli uomini dormivano.

Erano tanti buchi, con dentro della paglia,

stretti ed orizzontali in fila uno sopra l’altro,

da ricordare quelle in cui le bare vengono sepolte nei cimiteri.

 

Vidi delle camere dove non c’erano finestre e non filtrava luce,

erano le camere della morte, dove veniva immesso gas.

 

Vidi i forni crematori, erano di color grigio carbone,

grandi e profondi da destinare a più corpi.

 

Vidi barattoli pieni di ceneri, ceneri umane.

Uscii da quelle case degli orrori,

tante anime che piangevano, vi avevo visto dentro.

 

Ma non era ancora finita.

Mi ritrovai davanti ad un muro senza via d’uscita.

Per terra vi erano accesi lumini,

c’erano mazzi di fiori.

Quello era il muro della morte.

 

Mi guardai nei dintorni.

Non avevo via d’uscita.

Tutto intorno a me

era circondato da alte recinzioni

con filo spinato impossibile da valicare.

Un vento tiepido si alzò,

le polveri da terra si smossero

e si sollevarono come a formare un vortice.

 

Ero avvolta da tutto ciò,

accompagnato però dal silenzio di quella terra.

Tante altre parole avrei voluto dire,

ma sono sepolte nel mio cuore

come ormai tutto è sepolto in quel campo di concentramento.

Mariassunta

In sottofondo
F.Guccini Auschwitz