S'udiva il corno lontano ancora risuonar gli eventi, alla ricerca fra boschi e campi d'incontrar tracce del cavalier o di speranza minuscole sementi. Valnesia, ormai già oltre la sua misera terrena vita, proiettava il pensiero alla ricerca d'una pace troppo ambita dal cuore suo per temere la paura del finir; col flacone ormai stappato del fedele Mustafin nella destra mano, guardava il Sole tramontar il giorno suo e non le parea più così lontano....

 

VALNESIA:    O Sole, Sole che sparisci nella notte, in quest'ora seguirò il tuo corso, chiederò al tuo raggio di nascondermi ove tu solo sai nasconderti e là nel silenzio forse riuscirò a udire ancora il mio cuor trepidare e respirare emozioni che ora m'appaion solo come tormenti.... e chissà, forse se sarai così clemente o Sole mio maestoso, nella tua alba all'indomani vorrai graziarmi e regalarmi un raggio tuo per provare ancora questo tempo a cavalcare, e laddove lascio ora arida terra e pianto, mi permetterai di seminare fiori e portarne in dono profumi e colori......

 

La sua mano ella ormai avea portato alle rosee labbra sua e già sentiva il cuor il freddo sapore del liquido mortal, quando un colpo e poi un altro la ridestarono dal suo meditar: alla porta cavalieri di barbara armata spingevan forte e in pochi attimi l'ultima inferriata crollò e nel regal cortile nere armature occuparono la volta e la piazza e il palazzo tutto, vincendo la misera resistenza dei pochi uomini che non avean seguito del Re la frettolosa partenza. Si nascose la Regina nel segreto cunicolo che dal suo terrazzo alla volta conduceva e potè ascoltare così il piano dei neri guerrier d'arma nemici: eran della stirpe degli Albigioti, assai inimica del popolo di Paal, e vedendo di lontano Re Ulrico e numerosi cavalier per campi andanti, avean profittato della reggia sguarnita alquanto, e s'apprestavan a nascondersi all'interno per accoglier il Re ed il suo seguito con grande inferno.

Fuggì Valnesia passando dalla volta fino a fuori e su di un cavallo lasciato libero alla porta, s'infilò nel bosco di soppiatto senza ch'alcuno di quei guerrier avesse a sospettar lo smacco: e non s'accorse di cavalcar Druso, l'anziano cavallo che il vecchio Alcise, padre d'Odino, avea accompagnato fino alla fine del suo umano mandato.

 

Odino, Odino -ella pensava- dove puoi aver condotto il tuo destino? Potrò mai ritrovarti vivo e permetterti di ritrovare al fianco del Re l'onore che io per vanità volli calpestare?

Pensò e pensò la Regina, e provò ad immaginare cosa quegli occhi grigi potessero cercare e ciò facendo continuava ella a cavalcare. Correva ancora lungo il fiume, quando ad un tratto vide innanzi a sè un androne: fra una sporgente roccia e una stretta insenatura, ricoperta di fronde donate come maschera dalla verde natura, stava una piccola casupola di pietra e legno: là il cavallo avea diretto il passo e alla Regina parve un segno; ricordò in un attimo i racconti d'Alcise vecchio e ch'ei era solito sparire un giorno prima che dure lotte s'avessero ad aprire; riconobbe poi sul capo del fido destrier, che il destino le aveva quella notte regalato, lo stemma dell'antico cavalier e del suo casato:

 

VALNESIA:  Odino, Odino -chiamò ella dalla speranza folgorata- rispondi o prode cavalier ti prego, perchè alla reggia gli Albigioti sono padroni e il Re attendon in agguato come fetidi ladroni

 

Ma solo il silenzio sembrava degnarsi di risponder al suo lamento: la voce del fiume s'imponeva su ogn'altro inutile rumore e il buio abbracciava tutto d'intorno ogni attimo che alla vita chiedea di far ritorno.

Sola e desolata se ne stava la Regina immota e muta, perchè altra speranza al suo cuor non era data e a lei non rimaneva che affidarsi al vento come fosse un umile foglia ormai staccata: ma tutto d'improvviso due mani assai possenti l'afferrarono sul viso e reprimendole le spontanee urla con cui parla la paura, Odino cavalier apparve alle sue spalle e la strinse per un attimo, fino che potè renderla sicura.

 

ODINO:          Che ci fate dunque, o Regina, in questo segreto loco?

VALNESIA:  Cercavo voi, cavalier che ho tradito per paura e per gioco

 ODINO:         Chi vi condusse fino qui?

 VALNESIA:   Solo la speme di trovarvi e il fido Druso, cavallo che voi e vostro padre cavalcaste addietro e che ora, abbandonato per la sua età ogni militar mandato, ciò ha voluto regalarmi: la possibilità di salvar Re, onor e reato.

ODINO:           Che succede dunque al Re?

VALNESIA:    Gli Albigioti in massa occuparono le mura, mentre il Re per valli ricerca il suo vecchio compagno di ventura....

  ODINO:         Il Re cerca me, o Valnesia?

  VALNESIA:   Certo cavaliere prode, la verità non seppi nasconder con la frode e la notte fu troppo lunga per permettermi di dimenticar i vostri occhi onesti e chiari, e i rancori, la rabbia, i dolori d'una Regina disprezzata lasciarono il posto alla certezza d'una luce assai più agognata: la stessa verità e l'onore che voi anteponeste al canto del mio cuore

  ODINO:          Io non vi disprezzai mai, o mia Regina, voi nei miei occhi in realtà leggeste ciò che nel mio cuor in segreto albergava: neanche io riconobbi forse mai d'amarvi, o mia sovrana,  ma l'amore d'un cavalier si sposa sempre con l'onore, e per questo può anche morire, è certo, ma mai potrà tradire.

 

VALNESIA:    Oh Odino! Qual burlone è dunque il nostro destino, che avvicina le vite talmente tanto, sì da farle urtare e poi quand'esse si stanno allontanando, disegna nuovi allori lungo le scie dei loro stessi cuori....

Ma ora il tempo incalza cavaliere; come vi dicevo il nostro Re ormai ritorna e un mortal agguato l'attende nel buio della notte già celato: nulla potran le stelle se il suo Odino non gli sarà al fianco nelle lotte.

Quanto a me, odiatemi pure, come ora m'odia il Re, alla mia vita forse non resta che il senso di cogliere quest'attimo in salita e dunque riunire ciò che spezzò il mio stesso ardire.

 

ODINO:         Corriamo Valsnesia, anticiperemo l'arrivo del Re a corte, e agli Albigioti risponderemo sangue col sangue fino a che saran morte le barbare speranze.

 

Cavalcarono con furia e ardore passando per sterpi e strette vie il cavalier e la regina, mentre il Re già s'apprestava con la carovana intera ad affrontar la salita amica e a far ritorno sconsolato alla sua vita. D'improvviso Odino balzando da un sentiero l'affiancò, mentre la Regina si lasciò più indietro, nascosta fra l'ombre della luna in attesa del giunger di propizia fortuna.  

 

ULRICO:       Odino siete voi?

 

ODINO:          Eccomi o mio sovrano, il vostro cavalier vi raggiunge per servire ancora la vostra mano

 

ULRICO:          Vi cercavo per valle e vie.....

 

ODINO:            Ascoltate o grande sire, interrompo il vostro dire perchè nel castello gli Albigioti hanno avuto d'entrar l'ardire, e la nostra gente tengono costretta, pronti ad aggredir da vili la carovana e il Re una volta superata la stretta entrata.

 

ULRICO:           Che dite Odino? Come potete affermar ciò?

 

ODINO:              Forse è solo il destino, o mio sire, forse è la Vita che ci vuole insieme ancora nella battaglia che ci aspetta oltre la salita

 

ULRICO:           E sia allora, del mio primo cavalier non posso certo più dubitar la parola: come potrò rimediar agli sbagli della passata ora?

 

ODINO:           Non contan nulla più ormai: il Sole sorge portando nuove che poi nella Luna si traforman in prove; ma quando all'indomani il nuovo Sole s'affaccerà sul cielo, ciò che esso porterà sarà del tutto solo il vero. Ora il nostro domani, o Sire, è dietro quella serrata porta e la battaglia deciderà dunque l'avvenire

 

ULRICO:           E se saremo degni lo apriremo col coraggio e col valore, combatteremo per l'onore della stirpe dei Palagioti, e quanto a voi Odino, sarà la vostra spada a comandar codesta carovana a riconquistarsi il regno, perchè non c'è uomo che più di voi ne possa esser degno.

 

S'avvicinarono senza mutar andatura per non destar negli Albigioti sospetto o paura, ma appena la porta fu calata dalle mura, scattarono cavalli e cavalier all'attacco e senza tema affrontarono color che di sorpresa volean vincere l'impatto:

fu battaglia lunga fino a notte e sul campo caddero armature e cavalier dalle vite perdute e rotte: ma fu ad un tratto Odino contro Re Edoardo degli Albigioti e con un gran colpo gli tolse di man il dardo e la spada affondò oltre il suo manto: cadde allor il fier stendardo avverso, "Gli Albigioti son vinti, che Ulrico Re torni al comando" urlavan fieri i valorosi Palagioti pieni d'orgoglio e vanto. Ma proprio mentre ormai vincenti s'abbracciavano nella piazza del regno di Paal le genti, dall'ultima terrazza prima di morire Antemone, arcier fidato dell'Albigioto stemma, il suo Re volle vendicare e verso Odino la sua avvelanata freccia s'apprestò a dirigere e scagliare: l'occhio del destino nelle vesti d'una Regina nuova vide l'arco, la direzion e la prova e correndo incontro il suo corpo gettò fra il cavalier segretamente amato e il venefico messagger di morte già scagliato: dritta al petto Valnesia fu colpita e mentre Antemone già moriva ormai smaccato dal suo rifugio d'ombra, la Regina a terra sfioriva in un attimo la sua controversa vita:

 

ULRICO:         Valnesia, regina mia consorte, che avete fatto?

 

ODINO:         Regina, Regina come vi sentite? Mustafin presto venite!!!

 

VALNESIA:  Re adorato, cavaliere caro, io ora muoio per ciò che ieri ho tradito e insultato: ho cercato l'Amor nel vezzo di una coccola e d'un sorriso e ho trovato ora la risposta al mio quesito: offrire la propria vita in dono per salvare l'altrui vita, ecco dove Amore e Onor possono darsi la mano unita, per cui Odino caro questo io vi rendo per come vi ho infangato; e quanto a voi, Re, marito adorato, non seppi far nulla in vita che fosse per voi importante come ciò che faccio ora, perciò è anche per voi che io dono la mia vita, e possa finalmente scorrere limpida questa lacrima che scende infinita dai miei occhi come dal monte scende il fiume per lavare tutte le passate onte: e se Dio lo vorrà, domani e forse ogni giorno nel primo Sole del mattino accarezzerò con un raggio il vostro destino e quando la notte vi sorprenderà ancora svegli e in arme, chiederò allora alla divina Luna di farsi un pò da parte per lasciar dal cielo filtrare un lampo di sereno che dentro ai vostri fieri occhi possa illuminarvi il campo; e se ancora ne avrò forza, scenderò con la nebbia dell'autunno e vi abbraccerò con tutto il cuore, senza vanto, e al nemico vi nasconderò dietro al mio manto.

 

Spirò così Valnesia, giovine Regina, che della sua vita fece un canto sospirando dal profondo dell'infamia all'apice del vero a caval del vento, quello che spira eternamente diretto all'Amore più sincero.

 

Continua . . . .

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