Il Pentimento della Regina





                                    



Lunga fu ahimè la notte di Valnesia accanto al Re, e non bastò neppure il buio a nasconder quegli occhi di cavalier così onesti e così grigi mentre se ne andavano silenti, sfiorando uno ad uno i visi delle ancora amiche genti. Troppo grande divenne l'ombra del peccato per quel cuore che nulla prima avea mai tramato, ma preso allora dalla paura e dallo sgomento, avea voluto per primo scagliar la freccia all'altro lato: ma il sangue, quel sangue che ora vedeva correr dalla ferita inferta, era lo stesso suo e quando fu l'alba e la piazza ancor deserta, non bastò nemmen la paura della paura ad arrestar del vero l'impetuoso corso che da dentro ea sospingeva, e al Re rivolta disse dunque il giusto senso della storia:

VALNESIA:     Ulrico, compagno caro, ascolta ti prego la mia favella

 

ULRICO:          Dimmi pure Valnesia, moglie adorata e bella

 

VALNESIA:      Non Odino in realtà tradì il Re, ma fu la Regina invero ad averne l'ardimento

 

ULRICO:           Che dici dunque, o Valnesia

 

VALNESIA:       Quando voi partiste e al prode cavalier affidaste la mia persona, crebbe in me un poco per ogni giorno la fantasia e la tentazione d'esser fra quelle forti braccia non più sola: quello sguardo così fiero e così possente crearon nel mio cuor il desiderio assai ardente, e il pensier d'essergli compagna suggerì al cuore mio la più perfida trama; per un minuto, forse solo per un minuto, credetti di veder in esso tutte le risposte che ancor mi chiedo adesso, e voi sapete, mio caro Marito, che quando un dubbio antico vede anche solo l'ombra di poter esser chiarito non c'è altro desiderio che assaporarne il nesso provando o vivendo esso stesso:  io a voi venni in sposa quando del fior vedevo sol la rosa, ma fu poi cogliendolo che m'accorsi delle spine, e me le tolsi tutte v'assicuro, ma solo una entrò fin dentro al cuor invero, quella che ti fa domandar:

"Qual'è Amore vero? E' tutto l'Amor in ciò che ora vivo o esiston parole che ancora io non scrivo? Cos'è dunque ciò che cantan poeti e vati, chi lo prova o cosa sentì chi quegli attimi ebbe conquistati?"

E in quegli occhi io vi dico, per un attimo vidi il sapore antico di quei sogni, che giovinette, o forse per la vita intera, ancor si fanno e l'adempiere il suo mandato intesi in realtà come atto per me cercato, e quando poi invitandolo esso si ritrasse (perchè così andò, io vi giuro Ulrico caro) restò nel cuore mio un misto di paura, rabbia, vergogna, sospetto e ciò fu che mi spinse a dirvi quanto poi v'ho detto.

 

ULRICO:          Che dite dunque Valnesia? Mentiste allora o mentite ora per salvar l'onor d'un caro amico?

 

VALNESIA:       V'assicuro o mio sovrano, io sono indegna di sfiorar la vostra mano: non esso, io vi tradìì; non esso, io dovrei la corte abbandonare perchè non ebbi la forza di sopravvivere al sognare; non esso che per onore e fedeltà spense dentro al suo ed al mio cuore ogni tentazione di raggiunger vivendo un'illusione.

 

ULRICO:             Che dite dunque, o donna? Per voi cacciai così il mio più caro amico e ora mi dite che feci ciò ingiusto e invano?

 

VALNESIA:        Questo è il vero, o mio sovrano

 

ULRICO:             Oh ahimè, misero me! Qual Re dunque sono se caccio chi mi è più fedel per circondarmi di chi mi porta quale dono il crudo fiel del tradimento e dell'abbandono?

Voi donna, luce della mia vita, che mai voleste allor da me, dalla mia presenza, che mi facevate creder sì gradita? Dov'è che v'ho mancato dunque il pane al vostro cuore, per indurvi a cercar altrove di raccoglierne il sapore?

Dite Regina, dite: è dunque così misera la compagnia di questo Re che un figlio ancora non sa dare alla sua stirpe?

 

VALNESIA:         Ulrico, Ulrico....

 

ULRICO:              No Valnesia, no. A nulla serve nominar colui che ha mandato a morte il suo miglior amico!!!

Cavalieri!!! Chiamate tutti i cavalieri ora!!!

Che venga cercato dalla corte intera per valli e per monti il prode Odino ed entro le mura venga ricondotto e rifocillato col miglior vino:

il Re ingannò sè stesso e non avrà pace finchè a questo error non avrà rimedio messo.

Sellate dunque un cavallo anche per me, che troppo grande è la mia ansia per potermene star inerme in questa corte.

Quanto a voi Valnesia, Regina fino a ieri a me assai cara, non ho nulla da dire a voi, forse domani mi sarà chiaro il vostro gesto, forse vedrò che esso è conseguenza del mio essere maldestro o d'un vivere che vi donai troppo vuoto e mesto, ma ora vedo solo tradimento e null'altro posso dirvi se non di nascondervi nel tempo, medico antico e assai sagace, che di curar anche i più grandi mali, si sà, è assai capace.

 

Continua . . . .

 

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